In questi giorni di emergenza, il contrasto al diffondersi dell’epidemia di Covid-19 sta passando anche attraverso l’uso dei dati: dalla geolocalizzazione per ottenere informazioni sugli spostamenti, al monitoraggio dello stato di salute di chi è sottoposto a quarantena. Un contesto straordinario in cui le misure di privacy sui dati personali sono nuovamente in discussione.
Facebook ha messo a disposizione alcuni dataset nell’ambito dell’iniziativa “Data for Good”, che consente a ricercatori e organizzazioni non profit di analizzare dati aggregati e anonimi sulla mobilità per capire come la malattia potrebbe diffondersi. Il ministero dello Sviluppo economico lancia l’iniziativa “Innova per l’Italia” mentre Regione Lombardia promuove l’app “AllertaLOM”, che chiede esplicitamente ai cittadini di dare, in forma anonima, informazioni sul proprio stato di salute ai fini di alimentare una “mappa del rischio di contagio”.
Usciti dalla prima fase in cui il comportamento dei consumatori tende a essere irrazionale (corsa ai rifornimenti) e guidato da istinto e paura, proviamo a capire quali dati possono aiutare i retailer a fronteggiare l’emergenza. Il primo ambito sotto pressione è sicuramente la gestione della supply chain, dove i dati di vendita degli store fisici incrociati con gli ordini effettuati online, già evasi e in attesa di evasione, devono essere processati da modelli predittivi che aiutino a ottimizzare gli approvvigionamenti e a prevedere i trend di acquisto nelle varie fasi dell’emergenza.
Gli stessi dati, arricchiti con quelli di affluenza e tempo medio di permanenza nel punto di vendita, aiutano a ottimizzare la gestione del personale, permettendo di avere il giusto numero di addetti rispetto alla domanda effettiva generata da ingresso merci in magazzino, ordini online e accesso clienti nel punto di vendita.
Rimanendo nell’ambito di gestione degli afflussi di clienti, la corsa alla migliore app di gestione delle code è già iniziata. Sarà tanto più utile quanto più riuscirà a fornire al retailer insight in tempo reale e metriche di sintesi quali, per esempio, fasce d’orario di maggior afflusso di clienti appartenenti alle categorie speciali oppure tempo medio di permanenza dei clienti in base alla fascia oraria. Questi dati smart aiutano a ottimizzare gli slot di accesso, ridurre i tempi di attesa dei clienti, incidendo dunque sul miglioramento della customer experience.
L’analisi dei social big data consente infine di monitorare l’umore della propria audience di riferimento e intercettare eventuali crisi reputazionali, ancor più pericolose in un momento delicato dove la loyalty è al banco di prova.
Anche in questa fase storica, che sta rivoluzionando le modalità di relazione tra retailer e i propri clienti, dove la customer experience del domani è ancora in discussione, i dati ci vengono dunque in aiuto per ottimizzare la gestione dell’approvvigionamento e il rifornimento dei punti di vendita, ridurre lo stress del personale e migliorare l’esperienza dei clienti.