Alaska Airlines, American Airlines e JetBlue Airways, sono solo alcune delle compagnie aeree che, secondo Forbes, hanno dimostrato di avere i migliori programmi di loyalty nel 2019. Ma andando ad analizzarli ci accorgiamo che il modello è il medesimo: a essere premiati sono sempre e solo i frequent flyer.
Certo, ora le miglia sono calcolate sulla base dei soldi spesi per il biglietto e per i servizi accessori acquistati, ma questo non rende il modello più moderno. Vuoi noleggiare una macchina? Prenotare un hotel? Usare la carta di credito della compagnia aerea? Alla base di questi programmi vi è la costruzione di forti modelli di partnership internazionali, sia con altre compagnie aeree sia con società differenti, come Airbnb, Amazon o car sharing.
Ma la debolezza del modello è evidente. La percentuale di lettori che può vantare lo status di frequent flyer è sicuramente ridotta rispetto ai tanti che volano meno e, soprattutto, utilizzano i siti di comparazione online per trovare le offerte migliori. Questi consumatori non si sentono coccolati da nessuna compagnia, al contrario, respinti in quanto sanno già di non appartenere a quella cerchia ristretta che può godere di determinati vantaggi.
Accade così che le compagnie si trovino a cedere posti sui propri voli agli aggregatori online, dove gli utenti si registrano per ricevere sconti e alert sui prezzi, con grande vantaggio per questi player che possono acquisirne informazioni di ricerca, godendo di molteplici opportunità per ricontattarli.
Pensiamo invece a un nuovo modello: il costo del biglietto cala se il cliente compie azioni valoriali. Diventa fan sui social e rende virale una certa campagna di comunicazione, risponde a una survey, partecipa a un contest, coinvolge i suoi amici, guarda i contenuti proposti. Il livello di affezione al brand crescerebbe nel tempo perché, finalmente, il cliente si sentirebbe considerato per le attività comportamentali che compie e non solo per il suo valore economico.
Inoltre, la compagnia potrebbe proporgli di compiere azioni anche durante l’attesa in aeroporto, magari per ottenere un upgrade di classe sul suo volo o vantaggi una volta arrivato a destinazione, buoni sconto per voli successivi e regali dai partner. Se poi dietro a tutto questo vi fosse un sistema di mappatura per calcolare il customer value index e restituire alla compagnia cluster comportamentali dinamici, si potrebbero costruire strategie di comunicazione personalizzate alle esigenze del cliente. Il suo profilo diventerebbe più ricco, sia per l’azienda sia per i suoi partner. Ha figli o animali? Fa sport pericolosi? Ha visto i contenuti che gli ho somministrato? Ha condiviso quelli del mio partner del pet food?
La rivoluzione che ha coinvolto il settore della mobilità porterà le aziende a dover ridisegnare totalmente i propri modelli di revenue, partendo proprio dall’attore principale: il consumatore. E se le nuove aziende dalla sharing economy sono nate proprio per rispondere a queste esigenze, chissà quanto impiegheranno le compagnie tradizionali per rendere i propri modelli più inclusivi, flessibili e performanti?